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L’intelligenza non è una capacità unica, si manifesta in molti modi diversi


L’intelligenza non è una capacità unica, si manifesta in molti modi diversi

Iniziamo una rassegna a più puntate di uno degli argomenti più affascinanti, complessi e discussi delle scienze cognitive, delle neuroscienze, della filosofia, delle tecnologie: l’intelligenza.

Cos’è? come si manifesta? com’è fatta una persona ritenuta intelligente? Intelligenti si nasce o si diventa? Quanto conta la genetica? Come si misura? E tante altre domande accompagnano questo argomento.

L’intelligenza è una conquista delle specie viventi, in particolar modo dell’essere umano. Il livello raggiunto è davvero notevole, quasi ’alieno’ rispetto ai livelli di evoluzione raggiunti dalle altre specie animali e vegetali.

Molti ritengono che è intelligente chi ha un’ottima memoria e ricorda ogni dettaglio di un argomento, chi ha una vasta cultura, chi sa destreggiarsi nelle relazioni interpersonali, chi risolve rapidamente un problema di logica o piuttosto chi prende rapidamente una decisione senza esitazioni, chi compone un’opera artistica maestosa, che sia musicale, pittorica, scultorea o altro ancora.

Insomma, venirne a capo è complicato. Sicuramente non si può imbrigliare il concetto di intelligenza in una definizione univoca.

Per tentare di tracciare un perimetro all’argomento, possiamo iniziare a dire che è intelligente chi sa utilizzare le risorse a disposizione per risolvere un problema, che sia la progettazione di un ponte tra due montagne, negoziare un conflitto relazionale, raggiungere il vasetto di marmellata sullo scaffale in alto o la costruzione di una ragnatela per catturare le prede.

Ma in questa definizione non viene ricompreso l’ingegno leonardesco, l’ispirazione musicale di Bach e Beethoven, la magia narrativa di poeti e scrittori divenuti immortali.

Tra i paletti del perimetro devono allora essere ricompresi anche gli ingegni che non necessariamente sanno risolvere problemi, ma sanno ricomporre elementi già esistenti (le note o le parole, ad esempio) in una composizione nuova e straordinaria.

In questa prima riflessione, possiamo distinguere due forme di pensiero: il pensiero convergente, capace di focalizzarsi sui dettagli di un problema e di operare una sintesi per arrivare alla migliore soluzione; il pensiero divergente, in grado di andare oltre gli schemi consueti e trovare collegamenti innovativi e originali tra gli elementi esistenti Le due tipologie di pensiero, convergente e divergente, si attivano in base al tipo di compito che dobbiamo affrontare.

Il pensiero convergente - espresso dall’emisfero sinistro - entra in gioco quando si deve pianificare un viaggio, fare la lista della spesa, seguire un percorso in città e svolgere altri tasks che richiedono di ragionare o programmare delle attività. In questi casi, ci sono degli elementi che devono essere combinati tra loro, rispettando regole e vincoli.

Il pensiero divergente - espresso dall’emisfero destro -, da il suo meglio quando serve creare qualcosa, come disegnare, realizzare un quadro, comporre una musica, allestire un ambiente o creare una nuova ricetta. Questo pensiero non ha regole o vincoli da rispettare.

I due pensieri insieme gestiscono le situazioni più complesse, ossia quelle per le quali il ragionamento o la creatività da soli non sono sufficienti a risolvere un problema. La loro collaborazione consente di andare fuori dagli schemi, risolvendo situazioni apparentemente senza soluzioni. Attivare i due pensieri significa far lavorare insieme entrambi gli emisferi cerebrali, che solitamente dialogano poco tra loro.

Pertanto, iniziamo a dire che l’intelligenza esprime i suoi più alti livelli quando sia le abilità di ragionamento sia le abilità creative sanno darsi supporto reciproco.

Questa considerazione ci porta a fare una riflessione importante sul modo in cui viene misurato il Quoziente d’Intelligenza (QI). Dai primi del ‘900 esistono test che vantano di poter misurare il QI. Questi test, tuttavia, sono costituiti da prove verbali e non verbali che misurano esclusivamente la parte "razionale" dell’intelligenza (pensiero convergente - emisfero sinistro), tralasciando completamente quella creativa.

E allora, qual è il successo di questi test?

Innanzitutto, sono gli unici che consentono di dare un indice dell’intelligenza, sebbene arbitrario. In più, la loro popolarità è legata alla facile lettura dei risultati. In questi test, la media della popolazione ha un QI pari a 100, con il 70% dei soggetti posizionati tra 85 e 115. I più "intelligenti" hanno un QI che va da 131 a 150, i "molto intelligenti" tra 148 e 164 e i "geni" superano questa soglia.

Per capirne la portata e il fascino inossidabile dei test di QI, basti pensare che ad Albert Einstein è stato attribuito un QI di 160; mentre a Sharon Stone, una delle star più intelligenti di Hollywood, un QI pari a 154.


26/06/2022 20:31:06