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Pensare positivo: il 6° pilastro per un cervello efficiente


Pensare positivo: il 6° pilastro per un cervello efficiente

Si può cambiare l’atteggiamento mentale da pessimista a ottimista?

Il bambino è naturalmente portato a pensare positivo e memorizza le esperienze con il senso ottimistico della crescita. Nei primi anni di vita osserva come reagiscono gli adulti agli eventi e apprende quel modo di interpretare gli eventi. Se gli adulti sono positivi, probabilmente anche il bambino cresce in modo positivo.

Ma ciò non basta, nel corso della vita intervengono altri fattori e altre persone che modellano lo stile di pensiero.

Quindi, se all’inizio si è tendenzialmente positivi, cosa impedisce di continuare in questo modo il percorso di crescita anche a 50-70-90 anni e oltre?
Forse la paura che non si abbia più niente da imparare, l’attribuzione negativa sul bilancio della vita, il timore che il cervello si avvii verso un inesorabile declino e l’idea di malattia diventano ad un certo punto i fattori dominanti, le idee fisse sulle quali si esprimono le incertezze verso il futuro.

Diversamente, l’adozione del pensiero positivo consente al soggetto di andare oltre il tentativo di rimuovere le mancanze e si concentra su quanto di buono c’è stato, c’è e ci sarà nella propria esistenza. Le emozioni e gli stati affettivi positivi che ne derivano migliorano le risorse fisiche, intellettuali e sociali. Se aumenta il modo in cui possiamo leggere e interpretare la realtà, aumenta anche il ventaglio di risposte più creative e diversificate.

Per favorire il pensiero positivo è fondamentale concentrarsi sulla realtà: Martin Seligman sottolinea la possibilità di modificare le abitudini di pensiero attraverso la consapevolezza e la volontà. Infatti, l’ottimismo appreso non è una semplice auto-dichiarazione di positività, ma è il modo con cui si affronta un’avversità prendendone il controllo e non subendola passivamente.

Una sana longevità è favorita anche dai processi di autoefficacia e autostima, poiché queste sostengono il comportamento del soggetto verso atteggiamenti proattivi, finalizzati ad avere successo nel raggiungimento degli obiettivi selezionati.

Quali sono le condizioni che costituiscono il pensiero positivo?

A parere di Gian Vittorio Caprara sono tre: soddisfazione, autostima e ottimismo.
Ciascuno rappresenta un sistema di pensiero che include caratteristiche personali e aspettative verso il futuro che si sono formate nel corso della vita in base a come sono state organizzate e memorizzate le esperienze passate.

Secondo la visione di Barbara Fredrickson della North Carolina (Usa) la sperimentazione delle emozioni positive incrementa le risorse personali che possono poi essere utilizzate in altri contesti.

Pensare positivo non è l’atteggiamento fiducioso e incondizionato verso la vita, ma la scelta di una valutazione positiva di ciò che capita anziché una negativa. E si può orientare il pensiero in tale direzione. Ogni cosa che succede può avere diverse chiavi di lettura, siamo noi che decidiamo quale adottare.

Ovviamente, ci sono eventi che non si possono controllare ma si devono accettare per come sono. E questo dipende da quanto si è resilienti, ossia capaci di rialzarsi velocemente da una situazione negativa.

Il soggetto resiliente non è colui che subisce il dolore, ma chi riesce a dargli un senso e andare avanti. Poi ci sono le circostanze quotidiane più frequenti, leggere e diversificate che si possono interpretare in tanti modi diversi e sarà il soggetto che gli attribuirà un significato positivo o negativo. Quanto più saranno positivi, tanto meglio sarà.

Un’altra differenza sostanziale è tra resilienza e resistenza.
La resistenza, al contrario della resilienza, per quanto appartenga al bagaglio delle numerose doti umane, rischia di non lasciare all’interessato alcun insegnamento.

Nella resistenza, le risorse dell’individuo sono mobilitate esclusivamente nell’intento di opporsi ad una avversità. Il soggetto fa esperienza di aver superato un momento difficile, ma senza necessariamente esserne cambiato né avendone tratto alcuna lezione. Se la stessa traversia dovesse verificarsi ancora, in prima istanza la persona reagirebbe nello stesso modo in cui ha reagito precedentemente.

Invece, con la resilienza, il soggetto non solo opererà una lucida ricognizione delle risorse disponibili, ma attribuirà un senso all’evento, inserendolo in una narrazione che vede la propria identità come migliorata dall’attraversamento delle avversità: un racconto nel quale al riconoscimento delle perdite corrisponde anche un’attenta analisi dei guadagni.

Questo sarebbe già un primo modo per invertire il segno del pensiero da negativo a positivo.

Quali altre strategie si possono adottare per promuovere un cervello sorridente?
Ne parliamo nel 6° capitolo del libro “I 10 pilastri per un cervello efficiente”.

Dott.ssa Flavia Febbraro - psicologi, psicoterapeuti e Brain Trainer Assomensana in Perugia
Dott. Alessandro Fusaro - psicologi, psicoterapeuti e Brain Trainer Assomensana in Aosta


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03/12/2022 18:25:27

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