Questo sito può far uso di widget di terze parti che utilizzano i cookies.
Per maggiori informazioni leggi la nostra cookie policy
Ecce Homo (Economicus)


Ecce homo (economicus)

5 milioni di anni di evoluzione, 300.000 anni passati da Homo Sapiens, per diventare cosa?

Se ci guardiamo indietro, quando siamo nati nella Gola di Olduvai (Tanzania), considerata la culla dell’umanità, il nostro destino era già segnato da progetti grandiosi.

Quell’1% di DNA che ci differenzia dai cugini scimpanzè è stato il ’tocco di Dio’, quel vantaggio che avrebbe consentito all’uomo di emanciparsi e di costruire un mondo nuovo, talmente complesso che anche la mente umana fatica a capacitarsi. Basti pensare ad un attrezzo di uso comune come lo smartphone che contiene una tecnologia sorprendentemente complicata in pochissimo spazio che è difficile comprenderla.

Mentre i nostri amici animali continuano a vivere in tane sotterranee, tra le fronde delle foreste, tra gli scogli dei mari, in rifugi fortuiti per ripararsi dai predatori, noi abbiamo eretto grattacieli e monumenti e costruito navicelle spaziali per esplorare altri mondi.

E non è una questione di quanto tempo che abbiamo trascorso sulla terra.

I dinosauri dominarono il mondo per molto più tempo di noi, per 158 milioni di anni (da 223 a 65 milioni A.C.), ma non riuscirono a costruirsi neanche una tana confortevole. Eppure, nonostante queste nostre capacità ‘aliene’ rispetto a tutti gli altri animali (intendiamoci, ci sono specie intelligenti che sfruttano meglio di noi le loro abilità, pensiamo ad esempio alle api che hanno l’organizzazione sociale migliore in assoluto), le masse di persone hanno caratteriche comportamentali assolutamente deludenti rispetto alle capacità espresse dal singolo individuo (già nel 1921 lo scriveva Sigmund Freud nel suo libro “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”).

Senza addentrarci incautamente nei mirabolanti labirinti della psicoanalisi, direi semplicemente che siamo molto di più di ciò che esprimiamo.

Ciò che ci ha resi grandi è stata, tra l’altro, la cooperazione e la solidarietà sociale che ha consentito di ottenere molto di più di ciò che avremmo potuto fare da soli.

Se non ci fosse stata collaborazione durante l’era dei cacciatori raccoglitori saremmo ancora piccoli individui di 120 cm che vivremmo abbarbicati sugli alberi. La collaborazione ha consentito invece di cacciare grosse prede, di nutrirsi, crescere e organizzare società sempre più complesse dove mettere in comune le intelligenze dei singoli soggetti e condividere le risorse.

Ma perché decidemmo di cacciare insieme?

Non per altruismo, ma per interesse. Se uniti si riusciva a predare un grosso animale, tutti i membri della tribù avrebbero avuto di che sfamarsi, indipendentemente da chi riusciva ad infliggere il colpo mortale. Se il singolo avesse tenuto per se la preda, magari avrebbe mangiato tanto per qualche giorno, ma dopo avrebbe dovuto buttare via la carcassa perché non poteva né conservarla né portarla con se.

E se non fosse riuscito a cacciare per un mese? Avrebbe sofferto la fame. Invece condividere la caccia assicurava il pasto tutti i giorni.

Le cose cambiarono quando l’uomo divenne ‘stanziale’, con l’avvento delle società “agricole”.

Si coltivavano i terreni e si poteva conservare il raccolto per lunghi periodi, fatto che ha reso meno utile unirsi per condividere il lavoro di raccolta. Se serviva manodopera la si pagava senza avere l’obbligo di condividere i frutti della proprietà.

E così si innescò il meccanismo dell’accumulo e l’effetto dell’aumento delle disparità sociali. Alcuni soggetti accumulavano più di quanto avessero bisogno mentre altri vivevano di stenti.

E da qui nacque anche il meccanismo ’mafioso’ attraverso il quale i possidenti costringevano i bisognosi a piegarsi al proprio volere per accedere alle risorse di cui
disponeva e di cui l’altro aveva bisogno.

Via via la società divenne sempre ’meno collaborativa’ e più individualista.

Non si cerca la collaborazione se non per egoismi personali o nei contesti dove le risorse scarseggiano e conviene aiutarsi.

Ciò che prima bisognava faticosamente coltivare o cacciare adesso si trova abbondantemente adagiato sugli scaffali dei negozi di alimentari, fruttivendoli, pescherie e macellerie.

E basta avere un minimo di disponibilità economica per assicurarsi tre pasti al giorno.

Sono consapevole che c’è ancora troppa miseria e povertà, ma le persone che oggigiorno si possono permettere un pasto caldo sono molte di più di quelle che potevano farlo prima dell’avvento dell’era industriale.

E il trend è in costante crescita.

Sempre più persone hanno accesso ad un minimo di benessere garantito, vuoi per le politiche di redistribuzione del reddito vuoi per la tendenza (istinto?) dell’essere umano a migliorare costantemente il proprio benessere, soprattutto nel mondo occidentale.

E’ un meccanismo mentale che si innesca, paradossalmente, anche nei soggetti a maggiore capacità di spesa.

Chi ha già abbastanza si sforza per avere ancora di più, a volte impegnando molte più energie di quanto farebbero le persone a basso reddito.

La tendenza ad accumulare non è priva di effetti, positivi e negativi.

Per essere efficienti e produttivi:
1. si consuma tempo (= vita);
2. si riducono al minimo le relazioni sociali;
3. si alzano le pretese ( = maggiore insoddisfazione per ciò che si ha).

Siamo diventati individualisti (= egoisti) e focalizzati ossessivamente sull’avere sempre di più.

Abbiamo fatto un passo evolutivo (all’indietro) da Homo Sapiens, caratterizzato dall’attenzione alle relazioni sociali e alla scoperta delle conoscenze, ad Homo Economicus, centrato sul possesso, lontano dalla natura umana, che si realizza a scapito di questa.

Dal ‘capitale sociale’ al ‘capitale finanziario’.

Il possesso è effimero, soddisfa un bisogno compulsivo immediato, ma non gratifica a lungo. L’alienazione dell’essere per l’“avere” avrà effetti sull’ecosistema e sulla
mente delle persone.

L’Homo Economicus avrà più euro in tasca e, probabilmente, meno neuroni in testa.

Prof. Giuseppe Alfredo Iannoccari - neuropsicologo, presidente di Assomensana, docente all'Università di Milano


07/08/2023 08:39:53

PATROCINI & SPONSOR